Nature dice no alla pseudoscienza

Nature torna a parlare del nostro Paese e del caso Stamina, questa volta con due articoli firmati uno, da Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini, Taking a stand against pseudoscience, e l’altro da Paolo Bianco e Douglas Sipp, Sell help not hope.

Cattaneo e Corbellini ripercorrono la vicenda Stamina, che per due anni li ha visti impegnati in prima linea a combattere contro la ‘pseudoscienza’, insieme ai colleghi Paolo Bianco e Michele De Luca al fine di ribadire l’essenziale necessità delle evidenze scientifiche e di informazione corretta e trasparente.

«La nostra più recente vittoria è del 28 maggio con la pubblicazione della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale dice che i pazienti non hanno il diritto a ricevere terapie per le quali manchino prove scientifiche» raccontano gli autori del commento su Nature. «Ma non ci possiamo rilassare. All’inizio di questo mese, il Dr. Mario Andolina, vice-presidente di Stamina Foundation, è stato nominato commissario ad acta degli Spedali Civili di Brescia da un tribunale che lo ha incaricato di proseguire il “trattamento Stamina” su un bambino».

Clicca qui per continuare a leggere su Nature l’articolo Taking a stand against pseudoscience di Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini

Clicca qui per leggere la versione in italiano pubblicata su Il Sole 24 Ore, Una crociata vittoriosa

Paolo Bianco e Douglas Sipp fanno invece il punto sull’iter che farmaci e altri prodotti sanitari devono seguire prima di essere dichiarati sicuri ed efficaci ed essere immessi sul mercato. Un percorso certamente complicato, oneroso e lungo, ma che soprattutto per i pazienti rappresenta una protezione. Un processo che da qualche tempo, secondo gli autori, si sta cercando di indebolire, consentendo così a chiunque di vendere false speranze.

«Un allentamento delle restrizioni regolamentari consentirebbe alle imprese e ai professionisti del settore di generare ricavi da prodotti e procedure non testati. I pazienti si ritroverebbero a pagare per fare da cavie» spiegano Bianco e Sipp. «Peggio ancora, senza alcun obbligo di dimostrare l’efficacia dei farmaci, ci sarebbe meno bisogno di ricerca, portando anche a minori scoperte e sviluppo di nuovi trattamenti. Ciò di cui abbiamo bisogno ora, sono nuovi e migliori modelli di business, in grado di portare sul mercato tecnologie mediche innovative senza però ridurre le norme di regolamentazione».

Clicca qui per continuare a leggere su Nature l’articolo Sell help not hope di Paolo Bianco e Douglas Sipp

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