Eirini P Papapetrou, Gabsang Lee3, Nirav Malani, Manu Setty, Isabelle Riviere, Laxmi M S Tirunagari, Kyuichi Kadota1, Shoshannah L Roth, Patricia Giardina8, Agnes Viale9, Christina Leslie5, Frederic D Bushman, Lorenz Studer & Michel Sadelain. Nature Biotecnology Advanced on-line publication 15 December 2010
In questo articolo il gruppo guidato da Lorenz Studer, che terrà la prossima uniStem Lecture il 12 Aprile 2011, descrive un metodo per rendere più sicuro l’uso delle iPS nella terapia genica.
Per correggere i difetti del genoma di cellule iPS derivate da pazienti portatori di malattie genetiche è necessario inserire un transgene che va a localizzarsi in loci casuali del genoma. Proprio questa casualità del sito di inserzione comporta un rischio elevato di trasformazione tumorale e quindi rappresenta uno dei maggiori limiti al loro impiego clinico.
La soluzione proposta in questo articolo consiste nell’eliminare la casualità del sito d’inserzione indirizzando il transgene in un “porto sicuro” come viene definito dagli Autori. In che cosa consiste un porto sicuro nel genoma? E’ un locus che deve soddisfare 5 condizioni specifiche: 1. una distanza di almeno 50 kb dall’estremità 5’ di qualsiasi gene; 2. una distanza di almeno 300 kb da ogni gene in qualsiasi modo correlato col cancro; 3. una distanza di almeno 300 kb da qualsiasi mircoRNA; 4. essere localizzato all’esterno di un’unità di trascrizione; 5. essere localizzato al di fuori delle regioni ultraconservate del genoma umano.
Questa nuova metodica è stata applicata su 20 linee iPS derivate da quattro pazienti affetti da β-talassemia. Da queste sono state selezionale 2 linee in cui tutte le copie del vettore policistronico contenente i 4 geni per la generazione delle iPS (OCT4, SOX2, KLF4 e c-MYC) sono state completamente rimosse.
Dopo avere inserito in queste linee iPS un vettore lentivirale che esprime il gene della β-globina umana si è visto che nel 17,5% dei casi questo avviene in loci che soddisfano tutti i 5 criteri che caratterizzano un “porto sicuro”. La frequenza relativamente alta di questo evento ha quindi permesso di isolare linee iPS nelle quali è avvenuta l’inserzione di un solo transgene in un sito sicuro. Il differenziamento di queste iPS in progenitori eritroidi ha permesso di osservare che queste cellule esprimono livelli elevati di β-globina e sono quindi in grado di avere effetti terapeutici.
L’importanza di potere inserire geni esogeni in linee iPS senza aumentare i rischi di una loro trasformazione tumorale non è limitata alle applicazioni di terapia genica. Le future applicazioni cliniche delle cellule iPS, infatti, richiederanno sicuramente la possibilità di inserire geni che conferiscono resistenza ai farmaci, geni reporter o geni suicidi per consentire, rispettivamente, la loro selezione, la loro identificazione o la loro eliminazione dopo che sono state inserite nel paziente.
Come sanno bene i marinai, sarà molto utile avere un portolano che permetta di guidare questi transgeni verso un porto sicuro