Nel 2005, mentre l’inverno romano lasciava il posto alla primavera, mi sono ritrovato spesso di sera davanti al Vaticano, sotto la pioggia. Il corpo di Giovanni Paolo II si arrendeva al tempo, alla malattia e alla pallottola di un assassino.Da giornalista, avevo visto finire il comunismo nella sua patria e respirato fumi d’incenso mentre lo seguivo nel suo ultimo pellegrinaggio in Terra Santa. Nonostante queste affinità non stavo pensando alla sua salute ma alla mia: dovevo fare un esame che avrebbe determinato il corso della mia vita.